Paesaggio come anatomia
- Anno: 1983
- Tecnica: Acquaforte
- Dimensioni: 110x125,5 cm cornice compresa
- Provenienza: Dono dell’autore
- Ubicazione: Palazzo Florio, Rettorato
- Autore: Giuseppe Zigaina - Cervignano del Friuli, 1924 - Palmanova, 2015
Il realismo di Zigaina diventa, nella serie di dipinti e incisioni intitolati Paesaggio come anatomia, qualcosa di onirico, per certi aspetti quasi surrealista, secondo una sensibilità che lo avvicina al mondo nordico, soprattutto tedesco, come confermano gli espliciti omaggi a Dürer. Sono “anatomie” che dagli anni Sessanta agli Ottanta mostrano teste di capra, cadaveri, corpi dilaniati, talvolta messi in relazione con monumenti della guerra, come l’Ara Pacis di Medea e il monumento ai caduti di Redipuglia, ricordi del sanguinoso conflitto mondiale che l’artista ha vissuto sulla propria pelle. L’esposizione delle parti anatomiche, sia nei paesaggi così come nelle opere dove compare anche la figura del padre, si pone come un indagine dell’interiorità dell’anima attraverso una brutale dissezione.
Proprio sul tema della guerra l’artista omaggia nelle sue opere grafiche Picasso, da cui riprende certe figure di Guernica dalle forme ipertrofiche, sfigurate dal dolore e dalla morte. Quello della sofferenza umana è un problema molto sentito da Zigaina; l’amicizia fraterna con Pier Paolo Pasolini ha certamente influito sulla volontà di conciliare libertà espressiva e impegno civile.
Le tragiche vicissitudini hanno segnato un temperamento, quello di Zigaina, già di per sé crepuscolare e incline alla malinconia. In una conferenza tenuta al convegno internazionale di San Francisco, “World Prints ’83, l’artista ha raccontato che «da bambino, pur tormentando mia madre che mi trovasse degli amici, amavo struggentemente la solitudine. A notte fonda mi inoltravo, con la bicicletta, nelle campagne più sperdute; poi, quando mi rendevo conto che il silenzio era assoluto, mi distendevo su un covone di grano […]. E pensavo: sono nel punto più alto della terra, sopra di me non c’è nessuno […] era un sentimento che non saprei descrivere se non definendolo “sacro”, misto di orrore e di gioia […] esaltante, creativo» (Zigaina, a cura di Floriano De Santi, Editions Galerie Kara, catalogo della mostra tenuta a Ferrara nel Palazzo dei Diamanti, 24 giugno- 8 ottobre 1989, p. 25).
L’acquaforte della collezione universitaria ripropone elementi presenti nei quadri che Zigaina dipinge in questo periodo, i paesaggi del Friuli, quali ceppaie nebbiose, l’aspro carso e le vedute lagunari sorvolate da astronavi fantastiche o da enormi insetti nelle Visitazioni, farfalle, vespe o mosconi, viaggiatori notturni che, come le api impollinatrici, portano fecondità in un territorio sterile oppure, come le mosche, sono semplicemente attratti dall’odore di scorie organiche. Talvolta il paesaggio è simile a un cumulo di interiora, attaccato a quella che sembra una ruota o all’ingranaggio di una macchina, in una stratificazione orografica della memoria dell’artista. Fenomeni di corruzione, oggetti brulicanti di natura incerta e corpi in decomposizione attaccati dai parassiti generano un orrore iniziale ed incomprensione, sensazioni forti di disfacimento della terra dilaniata. Orrore, ma anche mistero e meraviglia, desiderio di sondare l’inconoscibile accettandone il lato oscuro e ripugnante.
Bibliografia: René Berger, Zigaina ou la traversée des emblèmes, Balance Rief, SA Bâle, 1985, p. 12; Floriano De Santi (a cura di), Zigaina, Editions Galerie Kara, catalogo della mostra tenuta a Ferrara nel Palazzo dei Diamanti, 24 giugno- 8 ottobre 1989, p. 122.