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La vita che ricomincia

  • Anno: 1977
  • Tecnica: 12 litografie
  • Dimensioni: 490x350 mm
  • Provenienza: Dono dell’autore
  • Ubicazione: Palazzo Antonini-Cernazai, Sala Gusmani
  • Autore: Arrigo Poz - Castello di Porpetto, 1929 - Risano, 2015
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L'opera, intitolata La vita che ricomincia, è l'ottava litografia della serie Friuli, una sera e poi ... (1977).

Pittore e grafico formatosi presso lo studio di Giuseppe Zigaina, Arrigo Poz aderisce al neorealismo friulano in forma meno politicizzata, concentrando il suo interesse sul mondo contadino locale, popolato da braccianti stremati distesi a riposare nei campi, di cui si ricordano Riposo in campagna (1954), e donne al lavoro, come Spigolatrice (1950). L’influenza del maestro neorealista si fa sentire in particolare in dipinti come Giornalaio ambulante (1952), le cui fattezze, unite al trattamento del colore a olio, rivelano la conoscenza anche della pittura di Renato Guttuso. È un mondo dove il tempo sembra essersi fermato, dove non c’è traccia di quel progresso tecnologico che ha consentito in Italia il boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta. Come ha scritto Carlo Sgorlon in Profilo di Arrigo Poz pubblicato sui Quaderni della FACE del 1973, l’artista pare essere sordo alle mode artistiche, così come alla società dei consumi. Poz sembra interessarsene in una fase più tarda della sua carriera, non per decantarne le conquiste, ma per evidenziarne polemicamente i risultati deleteri: ne sono prova Discarica (1987) e Grande discarica (1992), in cui l’immondizia si riversa in un’enorme fossa, insieme a liquami rossastri simili a rivoli di sangue, a ricordare, forse, il sacrificio pagato dalla terra. 

Negli anni Settanta, Poz procede ad una semplificazione degli sfondi e delle figure; il disegno si riduce quasi a puro contorno, con vaghi rimandi all’opera grafica di Picasso. A questo periodo appartengono le  dodici litografie ispirate al devastante sisma che ha colpito il Friuli la sera del 6 maggio 1976, con successive riprese nel settembre dello stesso anno. L’artista finisce  di stampare le immagini il 6 maggio 1977, presso le Arti Grafiche Friulane, ad un anno esatto dal sisma; il titolo,  Friuli, una sera e poi, esprime chiaramente la triste sorpresa di un evento inaspettato, simile alla quiete prima della tempesta. L’edizione ha una tiratura di 350 esemplari, di cui 49 firmati; ciascun foglio è accompagnato da un breve testo di Sergio Gervasutti, giornalista de “Il Gazzettino”, che ha raccontato le drammatiche vicende del terremoto.

Il cofanetto viene riservato a diverse personalità coinvolte nei lavori di ricostruzione del Friuli,  di cui una copia donata a Paolo VI il 15 giugno 1977 e oggi conservata nella Biblioteca Vaticana. Altre copie sono custodite in importanti  biblioteche ed enti in diverse città del mondo, fra cui New York, Toronto e Sidney, grazie anche alla rete di solidarietà dei Fogolârs furlans.

Le litografie illustrano brevemente le fasi del terremoto dal momento prima della scossa tellurica, concentrandosi sulla disperazione della popolazione coinvolta, sulle vittime e sugli episodi di solidarietà, fino alla ricostruzione dei paesi distrutti, terminando l’opera con un messaggio di speranza e rinnovato ottimismo per il futuro.

Bibliografia: Mario Turello, Il colore delle parole: testi illustrati da Poz, catalogo della mostra tenuta a San Giovanni al Natisone (Ud), Villa De Brandis, 25 maggio-23 giugno 2002, Poligrafiche San Marco, Cormons 2002 [pp. 22-25]; Alessandro Del Puppo, Quando la terra trema, in Maria Paola Frattolin (a cura di), Arrigo Poz: nel cuore della storia del Friuli, catalogo della mostra tenuta a Udine dal 16 ottobre 2010 al 9 gennaio 2011, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2010, pp. 120-121.