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Giardino di rocce

  • Anno: 1984
  • Tecnica: Collage su cartone
  • Dimensioni: 71,5 x 102,5 cm
  • Provenienza: Donazione Anna e Valentino Turchetto
  • Ubicazione: Palazzo Caiselli,
  • Autore: Teodosio Magnoni - Offanengo, 1938
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Simili per la tecnica impersonale e per il contenuto, queste tre opere farebbero parte di un ciclo dei “Luoghi apparenti e veri”. Eseguiti con inserti incollati su semplice cartone non trattato, mostrano dei poligoni monocromi sospesi nel vuoto, di dimensioni e forme diverse, in coppia contrapposti l’uno di fronte all’altro o in gruppo di tre, che dialogano fra loro in rapporto con il vuoto che li circonda. Magnoni predilige forme geometriche spigolose, quasi mai curve, creando composizioni astratto-geometriche come espressione di archetipi che sembrano riferirsi al mondo naturale e geologico. In altre opere, realizzate invece con lastre di alluminio sagomate e dipinte con vernice, sono costituite da geometrie bicolori, solitamente in bianco-nero, secondo l’equilibrio degli opposti, separate oppure fuse in un oggetto unitario. Le sculture, dall’aspetto sfaccettato e irregolare, simile a diamanti allo stato grezzo, sembrano costruzioni desunte dalle stesse creazioni bidimensionali dell’artista.

Magnoni ha abbandonato la pittura materica di stampo cubista e informale degli anni Cinquanta e Sessanta per approdare a un’arte concettuale che cerca di indagare le forme del pensiero. La svolta si ha a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, con la costruzione di sculture minimaliste che utilizzano materiali come tubi, barre di metallo, travi di legno, specchi oppure semplici linee tracciate sulle pareti, che interagiscono con lo spazio circostante sovrapponendosi ad esso e alterandone la percezione con interventi minimi, inducendo quindi l’osservatore a cercare dei punti di vista privilegiati. L’artista, infatti, ha affermato che il suo lavoro consiste nel «fare delle strutture che vadano al di là di una semplice esistenza come sculture nello spazio, e che invece raggiungano, alla fine, un uso sculturale dello spazio stesso» (Henry Martin, Teodosio Magnoni, Spatia Books, 1980, p. 6).