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Composizione n. 3 (Composizione in giallo)

  • Anno: 1975
  • Tecnica: Olio su tela
  • Dimensioni: 100x80 cm
  • Provenienza: Acquisto ex Consorzio universitario
  • Ubicazione: Palazzo Antonini-Cernazai, Sala Atti
  • Autore: Guido Tavagnacco - Moimacco, 1920 - Udine, 1990
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L’opera raffigura dei fiori di girasole posati sullo schienale di una sedia bianca, con un drappo nero come unica zona scura del quadro. Lo sfondo è suddiviso in un campo grigio-verde nella parte alta e uno ocrea in quella bassa; non è chiaro se intende suggerire uno spazio fisico definito, una parete o un paesaggio estremamente semplificato. Il dipinto fa parte di una nutrita serie di composizioni dello stesso tema dipinte da Tavagnacco, con poche varianti. Quello dei girasoli è un soggetto molto amato dagli artisti friulani della sua generazione, di cui si ricordano Zigaina e Celiberti. La solarità di queste pitture può essere riconducibile a quel viaggio compiuto da Tavagnacco in Spagna, dove, lasciando momentaneamente da parte l’influenza del paesaggio friulano, egli assorbe il calore del sole mediterraneo, con la sua luce accecante che irradia i campi dorati iberici.

All’insegna di un neorealismo che l’artista ha definito nostalgico e lirico, Tavagnacco lavora il soggetto semplificandolo, portandolo all’essenziale. Le teste dei girasoli si dissolvono nella materia luminosa stesa sulla tela con colpi di pennello sintetici e misurati. Uno strepitio di sfumature gialle, che sembrano emanare luce propria, sfalda le forme ai limiti dell’astrazione, come quando, infastiditi dall’illuminazione eccessiva, si socchiudono gli occhi fissando un’immagine variamente alterata. La macchia nerastra del panno servirebbe a smorzare l’effetto dirompente della luce, permettendo alla vista di riposare. Un simile effetto è ravvisabile anche in quadri come Raccolta di girasoli (1974) e Composizione (1980), quest’ultimo particolarmente affine al presente dipinto, in altri casi, invece, è appiattito dal colore di sfondo, come in Girasoli su campo rosso (1976).

Pur tenendo conto dell’apporto delle avanguardie alla maturazione dell’arte, la pittura di Tavagnacco non rinuncia a quel «patrimonio di tradizioni» che l’artista ha appreso e che ritiene ancora valide per il proprio percorso artistico. Come infatti ha scritto, «non mi è stato possibile rinunciare, a quel nucleo costruttivo figurativo od ossatura che porto in me e che mi è stato dato dalle mie esperienze. I miei cieli e le mie stagioni, le ho condotte con tenacia, in profondità, senza sbandamenti o improvvisazioni, ma con il proposito di semplificare il discorso, di portarlo all’essenziale, affidando al colore che per me è uno degli elementi essenziali che compongono il dipinto […]. La abbagliante luminosità della Spagna lentamente assorbita dopo il 1962, e anche della Dalmazia, ha fatto si che la corporeità dei fiori, cardi, girasoli, ecc., venisse a sbiadirsi e lasciare solo l’orma e a diventare in certi felici momenti, luce, atmosfera, aria purificata» (Guido Tavagnacco, Io, Pittore, in Vito Sutto (a cura di), Guido Tavagnacco...tracce poetico figurative, catalogo della mostra Guido Tavagnacco il segno e il colore, 30 maggio-12 ottobre 2007, Piazzale Oberdan, Trieste 2007, p. 8).

 

Bibliografia: Guido Tavagnacco, presentazione di Arturo Manzano, catalogo della mostra tenuta a Moimacco dal 4 al 10 settembre 1977, pp. 60-61; Guido Tavagnacco, visto da Amedeo Giacomini, Carlo Milic, Luciano Morandini, mostra antologica allestita a Palmanova nel dongione di Porta Udine dal 9 settembre al 21 ottobre 1979, pp.74-75.